Carissimi,
con affetto e profonda gratitudine tengo ad augurarvi un anno fecondo di bene e di beni, per voi tutti e le vostre famiglie.
È tempo di semina e di costante nutrimento del nostro lavoro in cui porre quotidianamente, cuore, audacia, cura…
Difatti, trattasi di “prendersi cura, con cura, delle persone” che ci si affidano e delle loro fragilità.
Le competenze di ogni membro della nostra realtà cooperativa, sia quelle direzionali, che operanti, manifestano la preziosità di ogni atto, anche il più silenzioso e sotteso.
Ne determinano la nostra fortezza e solidità di intenti e la conseguente traduzione, in sviluppo, crescita ed opere.
Mi piace pensare che l’architettura del nostro operare, abbia una grammatica del relazionarsi, che con passione, siamo chiamati a progettare, costruire ed intessere, ogni giorno con i nostri partners, in un alveo dal quale siamo nati e che pone sempre al centro la persona umana ed i suoi valori.
Un augurio di giungere ad una “mietitura” ricca e proficua al bene precipuo.
A tal fine, desidero citare un brano di Peguy a cui molto tengo e che da voce, come tutti i geni letterari, alla bellezza, al valore ed al senso profondo del lavoro e del lavorare insieme, nella costruzione del nostro futuro.
Questa è la grande forza della mutualità e del cooperare…
Grazie di voi.
Rosario Riccioluti
“Un tempo gli operai non erano servi: lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta.
Era naturale, era inteso. Era un primato. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in modo proporzionale al salario.
Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone.
Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura.
Una tradizione venuta, risalita dal profondo della razza, una storia, un assoluto, un onore esigevano che quella gamba di sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia fosse ben fatta. E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano.
Secondo lo stesso principio delle cattedrali.
E sono solo io — io ormai così imbastardito — a farla adesso tanto lunga. Per loro, in loro non c’era neppure l’ombra di una riflessione. Il lavoro stava là. Si lavorava bene. Non si trattava di essere visti o di non essere visti. Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto.
(Charles Peguy, L’argent, 1913-02-16, Ed. Gallimard, 1932, pp 11-15. — La versione italiana, Il denaro, è stata pubblicata da Edizioni Lavoro, 1991)